La squadra di basket femminile dell'Atletico San Lorenzo è stata tra le realtà del basket popolare che hanno animato la seconda edizione di Basket Beats Borders, progetto che ha permesso l'arrivo a Roma della squadra di basket femminile del Palestine Youth Club del campo profughi di Shatila (Beirut, Libano).
Mentre Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso, Raffaella Lukundo e Libania Grenot si sono aggiudicate la medaglia d’oro nei Giochi del Mediterraneo nella staffetta 4X400, sventolando la bandiera italiana e diventando in poche ore simbolo di un paese multietnico, aperto e antirazzista, domenica 1 luglio l'Atletico San Lorenzo era, assieme alle cestiste dell'All Reds Basket Roma, de Les Bulles Fatales e del Basket Esquilino, in campo, presso il CSOA Ex Snia, con le ragazze del Real Palestine Youth F.C. del campo profughi di Shatila (Beirut) nell'ambito del progetto Basket Beats Borders.
Mercoledì 4 luglio l'Atletico San Lorenzo, per concludere al meglio la lunga e intensa settimana di appuntamenti che ci hanno visti partecipi del progetto, ha avuto il piacere di ospitare, nel proprio campo di gara di via Montona, due atlete vincitrici della medaglia d'oro allo scorso campionato mondiale di basket 3x3, Rae Lin D'Alie e Giulia Ciavarella che si sono unite alle ragazze palestinesi del Real Palestine Youth per un'amichevole contro la nostra compagine e lo spettacolo, i sorrisi e i cori di incitazione non sono di certo mancati.
Ancora una volta, l'Atletico San Lorenzo si è reso protagonista di una manifestazione sportiva fuori dal comune, in cui diverse religioni, nazionalità, storie e vissuti si sono mischiati e scontrati su un campo da pallacanestro, proprio per ribadire che lo sport è di tutt* e che un altro tipo di sport è possibile.
Nel tempo storico di muri, frontiere, filo spinato e morti in mare, nell'Europa che chiude i propri confini e nell'Italia che rigurgita xenofobia e razzismo, ci siamo chiesti cosa voglia dire per una ragazza palestinese giocare a basket; di quanto sia bello muoversi da un posto all'altro, e di quanto, invece, sia difficile per i palestinesi e le palestinesi anche solo uscire dal campo profughi.
In campo, tra un gancio in cielo, canestri e Alley-oop, abbiamo mischiato lingue, culture e differenze e quello che abbiamo imparato è che un gruppo di donne unite può davvero abbattere ogni confine.
Dalle piste dei Giochi del Mediterraneo, ai playground di Roma fino al campo profughi di Shatila.
È bello che siano delle donne a scendere in campo e a rivendicare e lottare per i diritti.